
Meno rifiuti - Più benessere
“La crescita ecocompatibile è l’unica forma di futuro sostenibile, per l’Europa e per il mondo intero L’industria e l’ambiente devono andare di pari passo, perché nel lungo periodo gli interessi di chi opera in questi due campi sono gli stessi”.
(Janez Potočnik - Ex Commissario europeo per l’Ambiente)
Meno Rifiuti Piu' Benessere in 10 mosse questo è lo slogan di un'azione lanciata nel 2012 in collaborazione con Italia Nostra e Adiconsum per sollecitare il mondo della produzione e della distribuzione a compiere 10 azioni nel breve e medio termine per alleggerire l'impatto ambientale di imballaggi e la promozione di soluzioni e prodotti riutilizzabili invece che usa e getta.
Alla prima edizione 2012 lanciata in occasione della SERR-Settimana Europea per la riduzione dei Rifiuti 2012, è seguito un rilancio durante l'edizione 2013 della SERR e la partenza di inviti personalizzati alle aziende d aderire all'appello che continuerà anche per il 2014 e 2015. Le azioni che sollecitiamo, già coerenti con gli obiettivi indicati dalla tabella di marcia verso un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse, presentata nel 2011 nell'ambito della strategia Europa 2020, diventano urgenti ed imprescindibili alla luce delle ultime comunicazioni della Commissione Europea dello scorso luglio 2014.
Altri argomenti e dati di fatto internazionali e nazionali che supportano la necessità di passare all'azione sono contenuti anche all'interno di un documento condiviso di approfondimento. Le adesioni che arriveranno da parte di Enti Locali o Associazioni si sommeranno a quelle già pervenute riportate in questa pagina. L'invito a sottoscrivere un proprio impegno rispetto alle 10 mosse e/o a rendere noti progetti e tabelle di marcia inerenti la riduzione dell'impatto aziendale complessivo interesserà i referenti delle aziende leader dei prodotti di largo consumo del settore alimentare, della cosmetica e detergenza, e le principali insegne della Distribuzione Organizzata. Le adesioni ed i relativi dettagli verranno pubblicati in una pagina dedicata alle aziende. Nonostante il fatto che l'iniziativa focalizzi principalmente i temi della prevenzione e riduzione dell'impatto dei rifiuti come imballaggi e articoli usa e getta dei beni di largo consumo, l'invito all'azione che questa iniziativa racchiude nei confronti delle aziende, è di ben più ampia portata. La responsabilità socio-ambientale di un'azienda inizia dalla fase di progettazione di un bene o imballaggio. Già solamente la scelta di un materiale piuttosto che un altro determina tutte le fasi a monte del processo, dall'estrazione delle materie prime, alla produzione di energia utilizzata per estrarle e lavorarle, ai trasporti, etc. Questa scelta sarà allo stesso tempo determinante quando il prodotto dovrà essere smaltito. L'azienda che studia un nuovo prodotto non può esimersi dal considerare come lo stesso potrà essere recuperato, riciclato o riutilizzato una volta che terminerà la sua funzione primaria.
Anche qualora gli enti locali arrivassero a realizzare la migliore delle raccolte differenziate possibile, essendo il riciclaggio un processo industriale, il ruolo che possono giocare le aziende nell'immettere imballaggi che possano essere facilmente differenziati e riprocessati industrialmente è imprescindibile. Lo stesso vale per le azioni di prevenzione dei rifiuti poiché quando il prodotto o il packaging arriva a scaffale i giochi sono ormai fatti. Assumersi la responsabilità dei propri prodotti - dalla fase di produzione a quella di dismissione -, secondo i principi comunitari della "responsabilità estesa del produttore" e di “chi inquina paga” dovrà diventare il modus operandi delle aziende che intendono posizionarsi come sostenibili. Comparando il contesto italiano attuale di gestione del ciclo dei rifiuti a quello di altri paesi membri europei risulta evidente quanto siano necessarie soluzioni e risposte immediate che arrechino benefici a breve termine. Il piazzamento in classifica del nostro paese al 20° posto su 27 paesi UE come gestione dei rifiuti -senza contare le numerose procedure di infrazione EU in campo ambientale- offrono la conferma di questa urgenza.
La situazione di profondo rosso in cui versano le casse degli enti locali e i costi per la gestione complessiva dei rifiuti urbani in continuo aumento, non permettono di investire risorse in programmi di miglioramento quantitativo e qualitativo della raccolta differenziata anche quando necessari. I corrispettivi che i Comuni ricevono dal Conai per la raccolta differenziata degli imballaggi -che dovevano coprirne i costi totali -contribuiscono in realtà per meno di un terzo ai costi che gli enti devono invece sostenere.
Qualora le aziende scegliessero di immettere da subito esclusivamente packaging a basso impatto ambientale e facilmente riciclabile i costi di smaltimento dell'indifferenziato diminuirebbero e i Comuni non sarebbero costretti a rivalersi sulle bollette e tasse a carico dei cittadini (con i ben noti effetti di contrazione sui consumi).
Secondo una ricerca condotta nel luglio 2013 da Ipsos, il 63% degli italiani ritiene che la CSR (responsabilità sociale di impresa) dovrebbe orientare tutte le scelte aziendali e rientrare nella strategia dell’impresa. Anche il recente studio Global Compact delle Nazioni Unite ha registrato tra la maggioranza dei Ceo intervistati la convinzione che le questioni ambientali condizioneranno in misura sempre maggiore il futuro delle aziende e che sia necessario intervenire urgentemente prima che i costi dell'inazione diventino insostenibili.
LA STRADA INTRAPRESA DALL'EUROPA PER UNA TRANSIZIONE VERSO L'ECONOMIA CIRCOLARE
Una riduzione delle emissioni di gas serra passa anche per un uso efficiente delle risorse quando l'azione riesce a rallentare o fermare i processi di sfruttamento e depauperamento dei sistemi naturali preservandone le funzioni, capacità rigenerative e il valore sociale ed economico. Approvvigionamento e produzione realmente sostenibile, uso efficace dell'energia e dei materiali e la riorganizzazione dei valori e del tessuto sociale, culturale ed economico sono gli strumenti a disposizione che abbiamo per affrontare le incombenti sfide ambientali. Ottenere di più con meno non basta. Infatti, ad un guadagno di efficienza tecnica, spesso segue un maggiore consumo che alla fine erode sia i benefici che l'efficienza. Per superare questo "effetto rimbalzo" è necessario quindi ripensare il sistema economico e produttivo attuale lineare ereditato dal IXI secolo che destina prevalentemente a discariche o inceneritori risorse come i rifiuti. Serve un'economia che prenda spunto dalla biomimetica, il modo in cui funziona la natura. Serve un'economia capace di progettare per la riciclabilità, la riparazione e il riutilizzo, di sviluppare sistemi produttivi aperti, esperienze di simbiosi industriale e nuovi modelli di business basati sulla condivisione dei beni. La Commissione Europea ha adottato nel luglio 2014 alcune proposte intese a sviluppare un’economia più circolare in Europa e a promuovere il riciclaggio negli Stati membri. Le misure proposte, che consentirebbero peraltro di ridurre l’impatto ambientale e le emissioni di gas a effetto serra, prevedono il riciclaggio del 70% dei rifiuti urbani e dell’80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030 e, a partire dal 2025, il divieto di collocare in discarica i rifiuti riciclabili. Tra gli obiettivi figura anche la riduzione dei rifiuti marini e alimentari.
L’innalzamento degli obiettivi in materia di rifiuti nelle direttive esistenti rientra nell’ambizioso sforzo di realizzare una transizione fondamentale da un’economia lineare a una più circolare. Prolungare l’uso produttivo dei materiali, riutilizzarli e aumentarne l’efficienza serve anche a rafforzare la competitività dell’UE sulla scena mondiale. La nuova visione propone un modello economico diverso, dove le materie prime non vengono più estratte, utilizzate una sola volta e gettate via. In un'economia circolare i rifiuti spariscono e il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio diventano la norma. Le proposte legislative riguardano principalmente la direttiva quadro sui rifiuti, la direttiva sulle discariche e la direttiva sugli imballaggi e rifiuti da imballaggi. Per permettere un approvvigionamento sostenibile e per creare al contempo nuovi posti di lavoro verdi va inoltre sviluppato un mercato per le materie prime seconde provenienti dal riciclo e dagli scarti di produzione industriali. Il conseguimento dei nuovi obiettivi in materia di rifiuti creerebbe, come si si legge nella comunicazione, 580 000 nuovi posti di lavoro, rendendo l'Europa più competitiva e riducendo la domanda di risorse scarse e costose. Che l'Italia sia indietro anche sul fronte dell'economia ecologica ce lo dimostrano i vicini francesi. L'Economia circolare ( per le sue applicazioni nella gestione dei rifiuti come risorse e il riciclaggio) figurava infatti come il primo dei cinque nuovi progetti tematici, cardine della seconda conferenza ambientale organizzata il 20 e 21 settembre 2013 dal Ministero dell'Ecologia, dello Sviluppo Sostenibile ed Energia francese. In relazione a queste cinque aree di intervento nel corso del 2014 Governo e Ministri andranno a definire linee programmatiche e tabella di marcia. Guardando al Regno Unito il Governo scozzese è stato il primo ad aver annunciato nell'ottobre 2013 (tramite il suo segretario all'Ambiente Richard Lochhead) di voler puntare sull'economia circolare per gli effetti positivi a breve e lungo termine che ne possono derivare a livello ambientale con una riduzione dei rifiuti ed economico con lo sviluppo del settore del riciclo.
UNA DIVERSA GESTIONE DELLA PLASTICA
L'attuale (pessima) gestione del ciclo di vita della plastica e il costo totale in capitale naturale generato dalsuo utilizzo nei prodotti di largo consumo è stato l'oggetto del Rapporto Valuing plastic presentato dall' UNEP lo scorso giugno 2014. Il rapporto quantifica in 75 miliardi all'anno l'impatto economico che tiene conto delle conseguenze dell’inquinamento marino ( valutato in 13 miliardi) così come delle emissioni di gas serra che avvengono durante l’estrazione e trattamento delle materie prime e dell’inquinamento dell’aria causato dall’incenerimento delle plastiche. Eppure ridurre, riciclare e ripensare i prodotti che utilizzano plastica potrebbe portare numerosi vantaggi in termini di green economy.
Secondo uno studio pubblicato da Plastics Recyclers Europe e realizzato da Bio Intelligence Services un aumento dell'attuale tasso di riciclo come media europea dal 26% al 62% permetterebbe la creazione di oltre 360.000 nuovi posti di lavoro in Europa e 47.000 in Italia. Inoltre l’utilizzo di plastiche riciclate al posto di plastiche vergini consentirebbe notevoli risparmi alle industrie di trasformazione, valutabili in 4,5 Miliardi di Euro/anno.